Dice la psicologa che una separazione è una separazione anche da un pezzo di te.
Dice che va bene arrabbiarsi, o avere paura.
Arrabbiarsi con chi tratta la cosa come un semplice intervento di chirurgia estetica, perché non è chirurgia estetica, perché se ti tagliano un braccio per montartene uno artificiale non c’è nulla di estetico, e nessuno ti direbbe mai uh ma è una cosa da nulla.
Avere paura perché ogni volta che si avvicina una data medicalmente importante, diciamo, ti senti come se fossi ancora malata, ancora fallata, rotta, guasta, perché è scritto nel dna e allora è colpa tua che sei venuta fuori male, stupida, stupida cretina.
E odiare te stessa perché non riesci a non dare importanza al corpo che tanto hai disprezzato in tutta la vita, proprio ora che gli volevi un po’ bene, con tutte le cicatrici e i segni dove dovevi essere solo liscia e morbida.
Il mio corpo è nato sbagliato. Si è rotto strada facendo, ma era solo questione di tempo. Si sarebbe rotto, prima o poi.
Il mio corpo è asimmetrico, e segnato, e dentro c’è sangue sbagliato, un cuore vigliacco e una doppia elica traditrice.
Il mio corpo è tanti pezzi tutti messi insieme, pezzi sbagliati, rotti, nati male.
Pezzi miei.